mercoledì 18 dicembre 2013

Slightly out of focus: Robert Capa, testimone di coraggio

“Se la foto non ti è venuta bene, vuol dire che non ti sei avvicinato abbastanza”.
É la famosa frase del fotografo Robert Capa, pseudonimo di Endre Erno Friedmann. Frase ormai pronunciata con leggerezza da molti, frase citata da fotografi professionisti per spiegare diaframmi e tempi.
Frase che ha generalizzato, e un po' perso, il suo significato.
Quello che intendeva Capa, infatti, non era una prossimità solo fisica, bensì emotiva. Il fotografo doveva essere vicino al soggetto, conoscerlo, capirlo. Doveva immedesimarsi in lui, doveva essere il suo specchio.

Robert Capa era un fotografo coraggioso. Era un fotografo, ma soprattutto un ascoltatore, uno scrutatore.

Nato nel 1913 a Budapest da genitori ebrei, Endre era un giovane libero e gioviale, in età adolescenziale un seduttore, festaiolo con una visione edonistica della vita. Allo stesso tempo, però, era estremamente interessato alla letteratura, alle arti e alla politica.
Si identificò poi con idee politiche di sinistra, partecipando a molti scioperi e manifestazioni di protesta.
Endre Friedmann voleva fare il giornalista, per diffondere le idee progressiste che condivideva, ma viveva in un luogo e in un'epoca dove tutto ciò era molto difficile da realizzare: un'Ungheria fascista e antisemita.
Nel 1931, a soli diciassette anni, Friedmann viene arrestato dopo aver preso parte ad una manifestazione antigovernativa ed è costretto a scappare dal suo Paese.
Arriva a Berlino, dove si iscrive alla Facoltà di giornalismo della Deutsche Hochschule für Politik e svolge molti lavori occasionali per pagarsi gli studi.
Poco dopo viene assunto dalla prestigiosa agenzia Dephot come assistente del laboratorio fotografico: un'occasione d'oro per Friedmann.
Il direttore Guttmann non tarda a notare il talento del giovane, che lo invia a Copenhagen e altre città.
L'ascesa di Hitler costringe però Friedmann ad un nuovo esilio, stabilendosi a Parigi, città chiave per la sua formazione.
Qui conosce molti fotografi, tra cui Henri Cartier-Bresson e André Kertész.
Nel 1934 Friedmann incontra Gerda Pohorylle, ebrea tedesca di origine polacca, di cui si innamora.
Nel 1936 Gerda, vedendo le difficoltà del compagno a pubblicare i suoi lavori, lo ribattezzò con il nome di Robert Capa, inventandogli l'identità di un elegante e misterioso professionista americano, più adatta a suscitare l'interesse degli editori parigini.
Gerda Taro (così si ribattezza) presenta i lavori di Robert Capa e tutti fanno a gara per le fotografie di quel genio dal nome hollywoodiano.
Nel 1936 parte per la Spagna a documentare la guerra civile in favore della Repubblica.

Ma che ha di così coraggioso quest'uomo, si chiederà, lettore.
La parte coraggiosa di Capa nasce piano piano, ed esplode con uno scatto.
“Morte di un miliziano” è il titolo di questa tremenda, agonica foto.
Da quel momento Capa, oltre a consacrare la sua fama, capisce lo scopo dei suoi scatti.
Vuole piangere assieme a loro. Vuole che le persone capiscano i sentimenti di quelle figure in bianco e nero, vuole che quei soggetti parlino per l'eternità.

Nel 1937 Gerda muore improvvisamente. Questo evento segna la vita di Capa il quale, sconvolto, decide di dedicarsi interamente alla fotografia di guerra.
Documenta l'invasione giapponese nel 1938, segue l'offensiva di Teruel in Spagna.
Nel 1939 è costretto ad un nuovo esilio per lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e per un periodo lavora negli Stati Uniti per Life.
Documenta poi la nascita dello Stato d'Israele e seguì lo sbarco in Normandia.

Nel corso della sua vita scattò foto in tutte le parti del mondo, Nord Africa, Italia, Giappone; sempre in prima linea, Capa seguì sempre il principio della sua frase, e non smise mai di “avvicinarsi abbastanza”.
Scattò anche molti ritratti di personaggi molto celebri, tra cui Hemingway, Cooper, Picasso, Matisse, ma si dedicò soprattutto al reportage di guerra.
Non mancò mai di tener fede all'impegno di dedicarsi al suo lavoro fino in fondo,  e letteralmente fino alla fine, avvenuta nel 1954.
In Indocina, Robert Capa scese dal veicolo su cui stava viaggiando e cominciò a fotografare un plotone (un gruppo di militari) che avanzava su un campo. Per riprendere la scena dall'alto, salì su un terrapieno e morì dopo aver calpestato una mina. Aveva quarant'anni.

Un incosciente? No, solo un uomo coerente con le sue scelte.
Un ingenuo? No, solo un amante della diffusione delle idee.
Un folle? No, solo un uomo coraggioso.

Claudia Marin

Nessun commento:

Posta un commento