Quest’anno, oltre alla sezione “Personaggi”, mi è stato concesso di
curare una sezione simile ma non uguale. Infatti, qui, si affronteranno
solamente storie di personaggi sportivi.
Il tema di questo mese è, come già saprete, la Libertà. Dove, se non
nello sport, possiamo trovare la vera Libertà? Infatti nello sport, sono i
piccoli gesti a darci un senso di questa. Libertà è quando Michael Jordan vola
sopra tutta la lunetta o quando vola Coppi solo sullo Stelvio; libertà è quando
Pantani alza le mani al cielo o quando le alza Primo Carnera; libertà è quando
Messner arriva in cima o quando la Pellegrini arriva prima. Come questi ci sono
tanti altri esempi, tanti da riempirne una pagina. Ma non è quello che bisogna
raccontare oggi.
C’è un atleta, un artista nel suo campo, che, più di altri, ha lottato
per la sua libertà e per la libertà della sua razza. C’è un atleta che ha
“scosso il mondo” con il suo carattere, le sue lotte e i suoi pugni. Il suo
nome è Cassius Marcellus Clay Jr, successivamente noto con il nome di Muhammad Alì.
La nostra storia inizia nei favolosi anni '60. Nei cinema usciva la Dolce Vita di Fellini, Antonio Segni si dimette da presidente del consiglio, inizia il processo a Eichmann, JFK diventa presidente
degli Stati Uniti, e in Italia si svolgevano i XVII Giochi Olimpici. Le
Olimpiadi di Roma non furono semplici Olimpiadi. Nella Atletica vinceva l’oro
un giovane etiope, Abebe Bikila, il maratoneta che correva a piedi nudi. Sempre
nell’atletica Livio Berutti, italiano, taglia per primo il traguardo dei 200
metri. Nel decathlon i compagni d’università Rafer Johnson e Yang Chuan-kwang combattono fino all’ultimo per l’oro. E un giovane di vent’anni, nel
pugilato, vince la medaglia d’oro per pesi mediomassimi. Questo giovane
americano è Clay. Ma chi è Cassius Clay? Figlio di un pittore d’insegne, vive
nel ghetto nero della Louisville. Cassius conosce il mondo della box a 13 anni,
ad una fiera. Il giovane tredicenne era furioso, gli avevano appena rubato la
bicicletta, che, a detta di Alì stesso, era il suo unico orgoglio.
Il 25 febbraio
del 64 a Miami, dopo alcuni incontri, Cassius ha la possibilità di combattere
per la corona del Campione del Mondo, contro Sonny Liston, uno dei più grandi
pugili della storia ( International Boxing Hall of Fame). Clay arriva spavaldo
il giorno dell’incontro : “ Liston è troppo brutto per essere il campione del
mondo, il campione dovrebbe essere bello come me!” dice ai giornalisti. Ma
Liston è tranquillo, sa che è solo un giovane spavaldo. L’incontro inizia, Ali
salta da una parte all’altra del ring per far stancare il campione. L’incontro
continua così, fino a che nella 4-5 ripresa, Alì inizia a non vedere più
niente, una sostanza gli era entrata negli occhi. Ormai sembrava tutto finito.
Quando l’allenatore inizia a bagnarli gli occhi, lo alza e gli dà un unico
ordine: “ Corri”. Siamo ormai alla 7 ripresa, Liston è frustrato, ha provato di
tutto, Clay colpisce, colpisce ancora. Ad un certo punto Liston cade, l’arbitro
conta, fa segno di Knock Out, l’incontro è finito. A soli 22 anni, Cassius Clay
è campioni del mondo. Sul palco arrivano i giornalisti e “ Io sono il più
campione del mondo, io sono il più bello, Dio è con me, io sono il re del
mondo, io ho scosso il mondo!”. Il giorno dopo la vittoria, Cassius Clay si
convertirà all’Islam e prenderà nome di Muhammad Ali, colui che è degno di
lode. In questi anni si svilupparono diverse correnti contro il razzismo
americano verso gli afroamericani. Le due prevalenti erano quelle di Luter King
e Malcom X. Clay frequentava spesso gli incontri dei neri musulmani tenuti da
Malcom, si interessava, teneva dibattiti, e presto diventò molto amico di
Malcom X. Quando Clay decise di convertire il suo nome, disse “ Cassius Clay
era il mio nome da schiavo, Muhammad Ali è il nome da uomo libero. Alì
nonostante non fosse un leader spirituale, venne paragonato allo stesso Malcom,
infatti quando arrivarono in Africa, tutti volevo vedere e parlare solo con
Muhammad.
Ma il più grande atto per la sua razza non fu andare in Africa,
non furono i discorsi ai fratelli musulmani, ma bensì la rinuncia alla carriera
per la pace. Nel 65 Ali ricevette il richiamo alla leva, doveva andare in
Vietnam. Subito egli rifiutò. “ Io
voglio fare la boxe, vincere in modo pulito, in guerra si deve uccidere gente
innocente” diceva “ Io non ho niente contro i vietcong, loro non mi hanno mai
chiamato negro”. Ormai era un eroe. I soldati al fronte avevano come idolo un
reticente alla leva. Ma il governo non era un nemico facile da battere. Infatti,
nonostante avesse difeso il titolo ( è il caso di dire) con la forza per 8
volte, il tribunale e la commissione che lo condannò gli tolse il titolo di
campione del mondo e la licenza per trenta mesi.
Ma Ali non si
abbatte. Nel marzo del 71, Clay ha l’occasione di tornare sul ring. L’incontro
è valido per il titolo mondiale, l’avversario è Joe Frazier. A vedere il
ritorno di Muhammad c’erano tutti, quando Ali entrò al Madison Square Garden il
boato fu tale che non si senti neppure la voce del presentatore, Frank Sinatra
gli scattava delle foto, Woody Allen applaudiva. Improvvisamente cade il
silenzio, l’incontro inizia. I due continuano a combattere fino all’ultima
ripresa. “ Cadi!” gli urla Ali “ Cadi, non lo sai che Dio ha detto che lo
vincerò io quest’incontro”, Frazier arretra, “ Beh, vuol dire che questa sera
Dio finirà con il culo per terra”. Il colpo che fece
cadere Alì risuono per tutto il locale, e dentro tutti i presenti. Alì ha perso, ma rimane sempre un gigante
della boxe, il pubblico non lo dimentica. Sapevano che poteva dare ancora
tanto. Infatti l’occasione si presenta nel 1974. Il campione del mondo in
questo momento è George Foreman, “ il nero che piace ai bianchi”. Don King,
l’organizzatore, sapeva che quell’incontro non sarebbe stato un incontro
normale, ma un incontro che doveva passare alla storia. Il nome dell’evento è The Rumble in The
Jungle, a Kinshasa nello Zaire. Cassius, prima del match, si allena per le strade
di Kinshasa. I suoi abitanti lo seguono nell’allenamento, se lui corre, loro
corrono, senza smettere mai di gridare “ Ali bomaye! Ali bomaye!”, Ali
uccidilo. Arriva finalmente il 30 ottobre, la data della sfida, Ali non può e
non vuole perdere. Per otto riprese, Clay subisce alle corde. Foreman non ce la
fa più, colpisce, colpisce, ma l’avversario non cade, anzi continua a
ripetergli “ Tutto qui?”. Ormai sta per finire anche l’ottava ripresa quando
Ali sfodera una serie di jab e Foreman cade e non si rialza prima dei dieci
secondi. Ali è per la seconda volta campione del mondo, un’impresa memorabile.
Alì era tornato. Per quanto riguarda Foreman, perdere contro ” il più grande
sbruffone del mondo “ (G.Foreman), lo demoralizzò talmente tanto che concluse
la carriera.
Ormai Ali doveva
solo sconfiggere il suo più grande rivale Frazier. A Manila, i due si portarono
all’estremo. Alla fine della 14esima ripresa, l’arbitro va a controllare
Frazier all’angolo, egli aveva la faccia tumefatta, non apriva più gli occhi.
L’arbitro decide dunque di prendere una decisione importante, decide di
concludere il match, non poteva esserci un altro morto sul ring. In realtà,
anni dopo l’incontro, Ali dichiarò che se l’arbitro non avesse deciso di
finirla là, avrebbe lasciato lui stesso, temeva anche lui per la vita sua e del
suo rivale. Ali è felice, rimane imbattuto, sarebbe il momento perfetto per
appendere i guantoni, anche secondo il suo dottore, Pacecco. Infatti tutti quei pugni, nei diversi anni,
avevano distrutto il suo fisico, specialmente i reni. Ma Muhammad non può
lasciare la box. Anche se non lo dichiarò mai, tutti sapevano che aveva bisogno
di soldi. Infatti egli aveva intestato i suoi soldi alla comunità musulmana
nera, che velocemente aveva prosciugato tutti i suoi averi. Clay non è più lo
stesso di una volta, le sconfitte aumentano. Dopo il 78, dopo la vittoria, per
la terza volta, del titolo di campione del mondo, la sua carriera decade
velocemente. Purtroppo Ali ora ha un nuovo nemico, un nemico che non si può sconfiggere neanche con il jab più
forte: il Parkinson.
Ormai la sua vita
da pugile è finita, la malattia lo ha sopraffatto. Ma nonostante questo la
figura di Muhammad Ali continua a crescere. Nel 1991 Ali andò in Iraq per
negoziare con Saddam Hussein la libertà di dieci ostaggi americani, i quali
tornarono in aereo con lui. Dopo l’11 settembre J.W. Bush chiese ad Ali di
girare per il continente a riappacificare gli animi e lui accettò. Quando volle
incontrare Papa Wojtyla, come racconta il suo amico e grande giornalista Minà,
allora presente all’incontro, il Papa saltò il pasto pur di incontrare il
grande pugile e quando Wojtyla consegnò la foto del suo papato ad Ali, questo
tirò fuori la sua foto da pugile, la firmò e gliela regalò.
Tutti amano Ali,
non solo come pugile, ma anche come persona.
Di Cassius Clay,
meglio noto come Muhammad Ali, se ne parlerà sempre, tanto dei suoi pugni
quanto delle sue lotte, perché, anche se in una frase euforica giovanile,
aveva già capito qual era
il suo futuro ancora prima di viverlo, sapeva che avrebbe “scosso il mondo”.
Arco Sara
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