venerdì 15 novembre 2013

Io ho scosso il mondo

Quest’anno, oltre alla sezione “Personaggi”, mi è stato concesso di curare una sezione simile ma non uguale. Infatti, qui, si affronteranno solamente storie di personaggi sportivi.
Il tema di questo mese è, come già saprete, la Libertà. Dove, se non nello sport, possiamo trovare la vera Libertà? Infatti nello sport, sono i piccoli gesti a darci un senso di questa. Libertà è quando Michael Jordan vola sopra tutta la lunetta o quando vola Coppi solo sullo Stelvio; libertà è quando Pantani alza le mani al cielo o quando le alza Primo Carnera; libertà è quando Messner arriva in cima o quando la Pellegrini arriva prima. Come questi ci sono tanti altri esempi, tanti da riempirne una pagina. Ma non è quello che bisogna raccontare oggi.
C’è un atleta, un artista nel suo campo, che, più di altri, ha lottato per la sua libertà e per la libertà della sua razza. C’è un atleta che ha “scosso il mondo” con il suo carattere, le sue lotte e i suoi pugni. Il suo nome è Cassius Marcellus Clay Jr, successivamente noto con il nome di Muhammad Alì.

La nostra storia inizia nei favolosi anni '60. Nei cinema usciva la Dolce Vita di Fellini, Antonio Segni si dimette da presidente del consiglio, inizia il processo a Eichmann, JFK diventa presidente degli Stati Uniti, e in Italia si svolgevano i XVII Giochi Olimpici. Le Olimpiadi di Roma non furono semplici Olimpiadi. Nella Atletica vinceva l’oro un giovane etiope, Abebe Bikila, il maratoneta che correva a piedi nudi. Sempre nell’atletica Livio Berutti, italiano, taglia per primo il traguardo dei 200 metri. Nel decathlon i compagni d’università Rafer Johnson e Yang Chuan-kwang combattono fino all’ultimo per l’oro. E un giovane di vent’anni, nel pugilato, vince la medaglia d’oro per pesi mediomassimi. Questo giovane americano è Clay. Ma chi è Cassius Clay? Figlio di un pittore d’insegne, vive nel ghetto nero della Louisville. Cassius conosce il mondo della box a 13 anni, ad una fiera. Il giovane tredicenne era furioso, gli avevano appena rubato la bicicletta, che, a detta di Alì stesso, era il suo unico orgoglio. 
Furioso girava nel locale ripetendo “ Quando trovo chi mi ha rubato la bici, lo concio per le feste”. Il caso volle che ad ascoltare queste parole fu proprio un allenatore di boxe, il quale, prese il ragazzo e disse:” Perché prima non impari a combattere?”. Subito lo invitò nella sua palestra per provare ad allenarsi. Il giorno dopo Clay ci andò e ne uscì solo per andare a Roma. L’anno successivo entra nella categoria dei professionisti. Ali aveva una tecnica particolare che si può riassumere con una nota citazione del suo secondo, Bundini Brown, : “ Vola come una farfalla, pungi come un’ape”.  Clay era un ballerino, sempre veloce e agile, schivava i pugni tirandosi indietro con il corpo per poi attaccare subito sul fianco. Ma non erano i pugni che lo facevano vincere. Infatti Muhammad prima di buttare al tappeto il corpo dell’avversario, abbatteva la sua autostima. I suoi rivali più noti, come Foreman, raccontano che ogni volta che lo colpivano lui gli derideva dicendo : “ Non sai fare di meglio?”, sempre allegro, sicuro, si presentava al pubblico cantando e raccontando barzellette sugli avversari.
Il 25 febbraio del 64 a Miami, dopo alcuni incontri, Cassius ha la possibilità di combattere per la corona del Campione del Mondo, contro Sonny Liston, uno dei più grandi pugili della storia ( International Boxing Hall of Fame). Clay arriva spavaldo il giorno dell’incontro : “ Liston è troppo brutto per essere il campione del mondo, il campione dovrebbe essere bello come me!” dice ai giornalisti. Ma Liston è tranquillo, sa che è solo un giovane spavaldo. L’incontro inizia, Ali salta da una parte all’altra del ring per far stancare il campione. L’incontro continua così, fino a che nella 4-5 ripresa, Alì inizia a non vedere più niente, una sostanza gli era entrata negli occhi. Ormai sembrava tutto finito. Quando l’allenatore inizia a bagnarli gli occhi, lo alza e gli dà un unico ordine: “ Corri”. Siamo ormai alla 7 ripresa, Liston è frustrato, ha provato di tutto, Clay colpisce, colpisce ancora. Ad un certo punto Liston cade, l’arbitro conta, fa segno di Knock Out, l’incontro è finito. A soli 22 anni, Cassius Clay è campioni del mondo. Sul palco arrivano i giornalisti e “ Io sono il più campione del mondo, io sono il più bello, Dio è con me, io sono il re del mondo, io ho scosso il mondo!”. Il giorno dopo la vittoria, Cassius Clay si convertirà all’Islam e prenderà nome di Muhammad Ali, colui che è degno di lode. In questi anni si svilupparono diverse correnti contro il razzismo americano verso gli afroamericani. Le due prevalenti erano quelle di Luter King e Malcom X. Clay frequentava spesso gli incontri dei neri musulmani tenuti da Malcom, si interessava, teneva dibattiti, e presto diventò molto amico di Malcom X. Quando Clay decise di convertire il suo nome, disse “ Cassius Clay era il mio nome da schiavo, Muhammad Ali è il nome da uomo libero. Alì nonostante non fosse un leader spirituale, venne paragonato allo stesso Malcom, infatti quando arrivarono in Africa, tutti volevo vedere e parlare solo con Muhammad.
Ma il più grande atto per la sua razza non fu andare in Africa, non furono i discorsi ai fratelli musulmani, ma bensì la rinuncia alla carriera per la pace. Nel 65 Ali ricevette il richiamo alla leva, doveva andare in Vietnam.  Subito egli rifiutò. “ Io voglio fare la boxe, vincere in modo pulito, in guerra si deve uccidere gente innocente” diceva “ Io non ho niente contro i vietcong, loro non mi hanno mai chiamato negro”. Ormai era un eroe. I soldati al fronte avevano come idolo un reticente alla leva. Ma il governo non era un nemico facile da battere. Infatti, nonostante avesse difeso il titolo ( è il caso di dire) con la forza per 8 volte, il tribunale e la commissione che lo condannò gli tolse il titolo di campione del mondo e la licenza per trenta mesi.
Ma Ali non si abbatte. Nel marzo del 71, Clay ha l’occasione di tornare sul ring. L’incontro è valido per il titolo mondiale, l’avversario è Joe Frazier. A vedere il ritorno di Muhammad c’erano tutti, quando Ali entrò al Madison Square Garden il boato fu tale che non si senti neppure la voce del presentatore, Frank Sinatra gli scattava delle foto, Woody Allen applaudiva. Improvvisamente cade il silenzio, l’incontro inizia. I due continuano a combattere fino all’ultima ripresa. “ Cadi!” gli urla Ali “ Cadi, non lo sai che Dio ha detto che lo vincerò io quest’incontro”, Frazier arretra, “ Beh, vuol dire che questa sera Dio finirà con il culo per terra”.  Il colpo che fece cadere Alì risuono per tutto il locale, e dentro tutti i presenti.  Alì ha perso, ma rimane sempre un gigante della boxe, il pubblico non lo dimentica. Sapevano che poteva dare ancora tanto. Infatti l’occasione si presenta nel 1974. Il campione del mondo in questo momento è George Foreman, “ il nero che piace ai bianchi”. Don King, l’organizzatore, sapeva che quell’incontro non sarebbe stato un incontro normale, ma un incontro che doveva passare alla storia.  Il nome dell’evento è The Rumble in The Jungle, a Kinshasa nello Zaire. Cassius, prima del match, si allena per le strade di Kinshasa. I suoi abitanti lo seguono nell’allenamento, se lui corre, loro corrono, senza smettere mai di gridare “ Ali bomaye! Ali bomaye!”, Ali uccidilo. Arriva finalmente il 30 ottobre, la data della sfida, Ali non può e non vuole perdere. Per otto riprese, Clay subisce alle corde. Foreman non ce la fa più, colpisce, colpisce, ma l’avversario non cade, anzi continua a ripetergli “ Tutto qui?”. Ormai sta per finire anche l’ottava ripresa quando Ali sfodera una serie di jab e Foreman cade e non si rialza prima dei dieci secondi. Ali è per la seconda volta campione del mondo, un’impresa memorabile. Alì era tornato. Per quanto riguarda Foreman, perdere contro ” il più grande sbruffone del mondo “ (G.Foreman), lo demoralizzò talmente tanto che concluse la carriera.
Ormai Ali doveva solo sconfiggere il suo più grande rivale Frazier. A Manila, i due si portarono all’estremo. Alla fine della 14esima ripresa, l’arbitro va a controllare Frazier all’angolo, egli aveva la faccia tumefatta, non apriva più gli occhi. L’arbitro decide dunque di prendere una decisione importante, decide di concludere il match, non poteva esserci un altro morto sul ring. In realtà, anni dopo l’incontro, Ali dichiarò che se l’arbitro non avesse deciso di finirla là, avrebbe lasciato lui stesso, temeva anche lui per la vita sua e del suo rivale. Ali è felice, rimane imbattuto, sarebbe il momento perfetto per appendere i guantoni, anche secondo il suo dottore, Pacecco.  Infatti tutti quei pugni, nei diversi anni, avevano distrutto il suo fisico, specialmente i reni. Ma Muhammad non può lasciare la box. Anche se non lo dichiarò mai, tutti sapevano che aveva bisogno di soldi. Infatti egli aveva intestato i suoi soldi alla comunità musulmana nera, che velocemente aveva prosciugato tutti i suoi averi. Clay non è più lo stesso di una volta, le sconfitte aumentano. Dopo il 78, dopo la vittoria, per la terza volta, del titolo di campione del mondo, la sua carriera decade velocemente. Purtroppo Ali ora ha un nuovo nemico, un nemico che  non si può sconfiggere neanche con il jab più forte: il Parkinson.
Ormai la sua vita da pugile è finita, la malattia lo ha sopraffatto. Ma nonostante questo la figura di Muhammad Ali continua a crescere. Nel 1991 Ali andò in Iraq per negoziare con Saddam Hussein la libertà di dieci ostaggi americani, i quali tornarono in aereo con lui. Dopo l’11 settembre J.W. Bush chiese ad Ali di girare per il continente a riappacificare gli animi e lui accettò. Quando volle incontrare Papa Wojtyla, come racconta il suo amico e grande giornalista Minà, allora presente all’incontro, il Papa saltò il pasto pur di incontrare il grande pugile e quando Wojtyla consegnò la foto del suo papato ad Ali, questo tirò fuori la sua foto da pugile, la firmò e gliela regalò.
Tutti amano Ali, non solo come pugile, ma anche come persona.
Di Cassius Clay, meglio noto come Muhammad Ali, se ne parlerà sempre, tanto dei suoi pugni quanto delle sue lotte, perché, anche se in una frase euforica giovanile, aveva già capito qual era il suo futuro ancora prima di viverlo, sapeva che avrebbe “scosso il mondo”. 

 Arco Sara 

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