Non
è possibile avere in mente una sola definizione di libertà; ne esistono molte e
tutte andrebbero attentamente osservate e capite.
La
libertà fisica, la libertà creativa,
mentale, d’espressione …
naturalmente tutte hanno in comune una cosa: per quanto influenzata da agenti
esterni, nella maggior pare dei casi, la
libertà riguarda esclusivamente noi stessi e siamo noi i primi a doverci
rendere conto se l’abbiamo oppure no.
Questo
è un film molto intenso, tratto da una storia vera, diretto da Sean Penn nel
2007: “Into the Wild”.
Forse
uno dei film che esprime al meglio il concetto di questa parola, mostrandone
anche le contraddizioni umane.
Il
protagonista cerca libertà dai condizionamenti della società, libertà di pensiero, libertà del corpo e forse
solo libertà di spirito.
Christopher
McCandless
è un giovane ragazzo appena laureatosi in scienze sociali che dopo aver dato in
beneficenza tutti i suoi risparmi e, senza dire niente a nessuno, decide di
partire con pochi beni verso una meta ancora da definire.
Christopher
non sa dove arriverà, ma l’importante per lui è partire, cercare di isolarsi
dal mondo civilizzato per riuscire ad avere una visione più pura, autentica e meno condizionata della vita e di ciò che
realmente importa.
Il
suo percorso è solitario, non perché non
incontrerà nessuno, ma perché viaggia
esclusivamente per se stesso, distaccandosi quasi definitivamente da ciò che è
stato prima ed incentrandosi su ciò che diventerà durante la strada.
Le
persone conosciute più che affetti diventeranno anche esse esperienze per la
sua crescita interiore, infatti saranno incontri fugaci e interrotti senza
troppi rancori ma con la consapevolezza di essersi arricchito.
Grazie
a queste persone arriverà alla coscienza che tutto ciò di cui ha realmente
bisogno è una totale simbiosi con la natura, per riuscire quasi a vedere la
vita da un punto di vista primordiale; essere dispersi nel nulla e capire che
quel nulla in realtà è un mondo intero.
Spinto
da questi pensieri arriverà fino in Alaska, dove vivrà in totale isolamento,
dovendo fare i conti con la sopravvivenza e con la solitudine stessa.
Cambierà
il perfino il suo nome probabilmente a simboleggiare un distacco definitivo con
la sua precedente identità: Alexander Supertramp.
L’Alaska
sembra essere la sua dimensione, tutto lo pervade ed entusiasma forse è
finalmente felice, ma la sopravvivenza è difficile soprattutto se non hai
nessuno accanto.
Un
piccolo errore lo condurrà alla morte mangiando la bacca di una pianta
velenosa.
Durante
lo stato di allucinazione provocatogli dalla bacca scriverà tra le righe di un
suo libro la frase: “La felicità è reale solo se condivisa”.
Morirà
probabilmente felice per essere riuscito a trovare la felicità e la libertà che
cercava e per gli ultimi istanti in cui godrà di tutto ciò; probabilmente
morirà triste per non aver potuto riabbracciare gli affetti e per gli ultimi
istanti passati senza nessuno accanto.
Questa
è una storia piena di contraddizioni e di diversi punti di vista, essendo la storia di una vita non ci sono
parole per spiegare al meglio quel che provava Cristopher.
Si
può solo provare ad immaginare di come avesse capito di essersi avvicinato alla
libertà, di aver davvero sentito la
natura come parte di se e aver visto con gli occhi più puri la società in cui
ci costringiamo a vivere; ma allo stesso tempo aver intuito che libertà non
significhi per forza separarsi dal mondo che ci circonda alla ricerca di spazi
aperti, ma solo porsi domande e non accettare il condizionamento.
Dal
punto di vista cinematografico il film è un capolavoro.
Ottima
la fotografia, i tempi ed in particolare la colonna sonora con la voce calda e
significativa di Eddie Vedder, cantante dei Pearl Jam.
L’attore
principale Emile Hirsch è azzeccato per il ruolo, colpisce l’espressività delle
scene finali; infatti per l’interpretazione di questo ruolo ha vinto numerosi
premi tra cui un National Board of Review Awards 2007.
(Forse
non sarò riuscita ad esprimere al meglio i sentimenti ed i pensieri felicemente
discordanti che mi ha lasciato questo film, ma guardatelo perché tocca nel
profondo.)
Agnese Berton
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