venerdì 15 novembre 2013

Into the Wild

Non è possibile avere in mente una sola definizione di libertà; ne esistono molte e tutte andrebbero attentamente osservate e capite.
La libertà fisica, la libertà creativa,  mentale,  d’espressione … naturalmente tutte hanno in comune una cosa: per quanto influenzata da agenti esterni, nella maggior pare dei casi,  la libertà riguarda esclusivamente noi stessi e siamo noi i primi a doverci rendere conto se l’abbiamo oppure no.
Questo è un film molto intenso, tratto da una storia vera, diretto da Sean Penn nel 2007: “Into the Wild”.
Forse uno dei film che esprime al meglio il concetto di questa parola, mostrandone anche le contraddizioni umane.
Il protagonista cerca libertà dai condizionamenti della  società,  libertà di pensiero, libertà del corpo e forse solo libertà di spirito.
Christopher McCandless è un giovane ragazzo appena laureatosi in scienze sociali che dopo aver dato in beneficenza tutti i suoi risparmi e, senza dire niente a nessuno, decide di partire con pochi beni verso una meta ancora da definire.
Christopher non sa dove arriverà, ma l’importante per lui è partire, cercare di isolarsi dal mondo civilizzato per riuscire ad avere una visione più pura, autentica  e meno condizionata della vita e di ciò che realmente importa.
Il suo percorso è solitario,  non perché non incontrerà nessuno,  ma perché viaggia esclusivamente per se stesso, distaccandosi quasi definitivamente da ciò che è stato prima ed incentrandosi su ciò che diventerà durante la strada.
Le persone conosciute più che affetti diventeranno anche esse esperienze per la sua crescita interiore, infatti saranno incontri fugaci e interrotti senza troppi rancori ma con la consapevolezza di essersi arricchito.

Grazie a queste persone arriverà alla coscienza che tutto ciò di cui ha realmente bisogno è una totale simbiosi con la natura, per riuscire quasi a vedere la vita da un punto di vista primordiale; essere dispersi nel nulla e capire che quel nulla in realtà è un mondo intero.
Spinto da questi pensieri arriverà fino in Alaska, dove vivrà in totale isolamento, dovendo fare i conti con la sopravvivenza e con la solitudine stessa.
Cambierà il perfino il suo nome probabilmente a simboleggiare un distacco definitivo con la sua precedente identità: Alexander Supertramp.
L’Alaska sembra essere la sua dimensione, tutto lo pervade ed entusiasma forse è finalmente felice, ma la sopravvivenza è difficile soprattutto se non hai nessuno accanto.
Un piccolo errore lo condurrà alla morte mangiando la bacca di una pianta velenosa.
Durante lo stato di allucinazione provocatogli dalla bacca scriverà tra le righe di un suo libro la frase: “La felicità è reale solo se condivisa”.
Morirà probabilmente felice per essere riuscito a trovare la felicità e la libertà che cercava e per gli ultimi istanti in cui godrà di tutto ciò; probabilmente morirà triste per non aver potuto riabbracciare gli affetti e per gli ultimi istanti passati senza nessuno accanto.
Questa è una storia piena di contraddizioni e di diversi punti di vista,  essendo la storia di una vita non ci sono parole per spiegare al meglio quel che provava Cristopher.
Si può solo provare ad immaginare di come avesse capito di essersi avvicinato alla libertà,  di aver davvero sentito la natura come parte di se e aver visto con gli occhi più puri la società in cui ci costringiamo a vivere; ma allo stesso tempo aver intuito che libertà non significhi per forza separarsi dal mondo che ci circonda alla ricerca di spazi aperti, ma solo porsi domande e non accettare il condizionamento.

Dal punto di vista cinematografico il film è un capolavoro.
Ottima la fotografia, i tempi ed in particolare la colonna sonora con la voce calda e significativa di Eddie Vedder, cantante dei Pearl Jam.
L’attore principale Emile Hirsch è azzeccato per il ruolo, colpisce l’espressività delle scene finali; infatti per l’interpretazione di questo ruolo ha vinto numerosi premi tra cui un National Board of Review Awards 2007.

(Forse non sarò riuscita ad esprimere al meglio i sentimenti ed i pensieri felicemente discordanti che mi ha lasciato questo film, ma guardatelo perché tocca nel profondo.) 

Agnese Berton

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